A 20 anni dal G8 di Genova, l'informatica libera invade le “zone rosse” dei poteri tecnocratici.
La contestazione al G8 del luglio 2001 ha rivendicato la necessità di uno stile di vita sobrio e solidale, rispettoso dell’uomo e dell’ambiente.
Da allora il commercio equo, la finanza critica e i movimenti di lotta ecologica alla crisi climatica hanno materializzato queste proposte sociali.
Ma quali sono le proposte per superare il modello economico, culturale e politico dei social network commerciali?
Dopo venti anni vogliamo adeguare la nostra agenda politica alle nuove sfide sociali rappresentate dalla concentrazione di potere economico, simbolico, mediatico, politico e tecnologico nelle mani di un ristretto numero di aziende che presentano come “reti sociali” dei recinti privati dove persino il discorso d’odio viene monetizzato.
Dal social forum ai social network, dal capitalismo globalizzato al capitalismo della sorveglianza, dalle aziende multinazionali alle piattaforme sovranazionali: in questa trasformazione dei rapporti di dominio che mettono il profitto prima delle persone, sentiamo il bisogno di tracciare percorsi di resistenza culturale e tecnologica.
L’uso di software libero e la coscientizzazione sui danni delle piattaforme commerciali di comunicazione sono gli strumenti che proponiamo a chi vuole opporsi al nuovo potere virtuale, digitale e immateriale che sta creando forme di manipolazione, dipendenza e dominio inusitate. Applicazioni di uso quotidiano nelle scuole, nelle aziende e nella nostra vita privata trasformano le nostre attività in dati da rivendere a soggetti che li usano per manipolare le coscienze a fini economici e politici.
Un’altra rete è possibile: è la rete dove già oggi si utilizzano piattaforme di comunicazione libere e trasparenti alternative a Facebook, Instagram e Twitter, strumenti di videoconferenza alternativi a Zoom, Meet e Teams che non raccolgono dati di studenti, cittadini e attivisti, tecnologie orientate alle persone e non al profitto di pochi giganti aziendali che hanno prosperato anche grazie al lockdown.
Per cercare spazi di resistenza e ai servizi commerciali, vogliamo interrogarci sulle modalità più efficaci di “resistenza civile nel ciberspazio”, con l’obiettivo di liberarci dal controllo sulle nostre vite e dallo sfruttamento delle nostre attività realizzato dal GAFAM (l’oligopolio di Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) e sostenere con le nostre attività digitali le comunità no-profit che realizzano strumenti di software libero come nuovi “beni comuni”,
Ci piacerebbe dare alle attività realizzate in occasione del ventennale del G8 una “tensione etica” in ambito informatico, riflettendo sull’impatto sociale ed economico legato all’uso di software libero e trasparente, open data, formati aperti e piattaforme di comunicazione autogestite, decentralizzate e federate.
Al di là delle scelte individuali, vorremmo sostenere campagne sociali di coscientizzazione, per diffondere consapevolezza sul ruolo documentato e comprovato di social e applicazioni proprietarie nel fomentare nazionalismi, suprematismo, repressione del dissenso, genocidio di minoranze (come i Rohingya) e tutte le possibili alternative etiche e libere, a partire dagli strumenti che useremo per incontrarci, discutere e condividere esperienze a distanza durante le iniziative collegate al ventennale della protesta genovese, fino alla diffusione online dei contenuti sviluppati.
Questa importante ricorrenza ha lo sguardo rivolto al futuro e vorremmo riscoprire un agire politico collettivo anche nella sfera dell’informatica, e costruire una sorta di “Gruppo di Uso del Digitale Solidale” per una comunicazione basata su tecnologie libere, aperte e sostenibili.
Per questo motivo organizziamo una chat telegram (20G8DigitaleConsapevole https://t.me/ventennaleG8consapevole) e progettare alcune video conferenze e incontri in presenza preparatorie alle attività digitali del ventennale
Carlo Gubitosa, Peacelink
Lorenzo Guadagnucci, giornalista
Antonio Bruno, attivista