Erano gli inizi degli anni novanta quando si inizio’ a discutere di città metropolitane. Fu una stagione, breve ma intensa, di speranza di cambiamento.
L’idea era quella di affrontare i problemi al loro livello di complessità: alcuni servizi hanno senso se gestiti e partecipati a livello metropolitano, altri devono essere portati ad un livello più vicino ai cittadini per permettere loro la più ampia partecipazione.
I cittadini, che sentono sempre più distante la macchina comunale, sono chiamati ogni cinque anni a delegare. I poteri, accentrando il luogo decisionale sono in grado più facilmente di imporre le proprie scelte, anche quando sono palesemente irrazionali e insostenibili (come la Gronda autostradale di Ponente).
E’ per questo che agli inizi degli anni novanta si previde la Città Metropolitana e Genova divisa in cinque Comuni, in modo da avvicinare il potere decisionale alle istanze delle vecchie città.
La legge Del Rio, istitutiva delle città metropolitane va in senso opposto: il consiglio non e’ eletto dalla cittadinanza ma dai consiglieri comunali dei singoli comuni (eletti a loro volta con legge maggioritaria), le liste devono essere presentate da un numero altissimo di consiglieri (almeno un quinto del corpo elettorale), le città si troveranno con fondi tagliatissimi (la chiusura delle scuole al sabato e’ solo la punta dell’iceberg di quello che ci dobbiamo aspettare).
Il rischio è che questi organismi siano funzionali alla gestione dei tagli e delle privatizzazione dei servizi pubblici, allontanando ancora di più i cittadini dai luoghi decisionali.
In questo quadro la proposta di una lista “bulgara” (lista unica tanti candidati tanti eletti) in cui i partiti maggiormente (al momento) votati si spartiscono i posti, può sembrare funzionale a questo disegno.
Altra cosa potrebbe essere se tutte le forze politiche nominassero 18 “saggi” con il compito di scrivere uno Statuto in cui il suffragio tornasse universale (e quindi il Comune di Genova si spacchettasse in cinque), fossero introdotti meccanismi di partecipazione diretta come referendum propositivo e organismi di gestione dei servizi pubblici realmente partecipati da lavoratori e cittadini.
In Provincia di Genova ci sono molti consiglieri che hanno eletto anche sindaci che si battono per l’acqua pubblica contro la gestione privatistica e finanziaria di Iren, che si oppongono alle Grandi Opere inulti e costose, che rivendicano partecipazione e democrazia.
Spero che alzeremo la testa insieme, cercando di far diventare la città metropolitana da Incubo a opportunità.