Sospendere i brevetti per salvare l'Umanità Vaccini, sospendere subito i brevetti per arginare la diffusione del virus: “Draghi risponda urgentemente alla nostra richiesta!” Forte preoccupazione del Comitato Italiano Diritto alla Cura: “La tragedia indiana riguarda anche noi. E’ in gioco la vita di tutti!” AVANTI CON LA CAMPAGNA EUROPEA DIRITTO ALLA CURA! I Paesi più ricchi del pianeta hanno bloccato la proposta di sospensione dei brevetti sui vaccini, sostenuta da India e Sudafrica e da oltre 100 nazioni. Rimandata la discussione al Consiglio Generale del WTO a giugno. Vittorio Agnoletto: “Si sono assunti una tremenda responsabilità. E' un duro colpo per il diritto alla salute dei popoli. Fondamentale diventa la raccolta di un milione di firme per obbligare l’UE a modificare la sua posizione.”! “Per l'opposizione Usa-Ue-Uk-Giappone-Brasile-Canada-Svizzera-Australia e Singapore, la richiesta di India e Sudafrica, appoggiata dalla stragrande maggioranza dei Paesi del WTO, di sospendere i brevetti su vaccini e trattamenti anticovid, non è stata approvata: siamo di fronte a una pesante e pericolosa battuta d'arresto per il diritto alla salute della comunità mondiale”, ha dichiarato Vittorio Agnoletto, portavoce della Campagna Europea Diritto alla Cura. Nessun Profitto sulla Pandemia-Right2Cure #NoprofitOnPandemic, nel corso della maratona Facebook di ieri, concomitante con la riunione del Consiglio TRIPs del WTO, Organizzazione Mondiale del Commercio. “I governi dei Paesi più ricchi del pianeta - ha aggiunto - si sono assunti una grave responsabilità, che provocherà purtroppo moltissimi altri lutti, che in gran parte, si sarebbero potuti evitare. Mi chiedo se i nostri governanti, quando compiono queste scelte, siano consapevoli di tutte le conseguenze. La nostra lettera del 5 marzo al Presidente del Consiglio Draghi, nella quale chiedevamo di appoggiare la moratoria, è rimasta senza risposta”. Alla maratona si sono alternati nello spazio di due ore ben 40 rappresentanti delle 70 organizzazioni nazionali, che hanno aderito al Comitato nazionale della Campagna Europea Diritto alla Cura per la raccolta di un milione di firme, in corso in tutti i Paesi UE e che ha superato le 100.000 firme. Fortissimo il messaggio emerso da tutti gli interventi: ”Come società civile- ha detto Vittorio Agnoletto- siamo impegnati in uno sforzo eccezionale per “costringere” i governi nazionali e la UE ad adottare quelle misure che possano impedire una tragedia di dimensioni spaventose”! Per questa ragione diventa ancora più importante rilanciare la raccolta di firme www.noprofitonpandemic.eu/it per raggiungere il prima possibile l'obiettivo prefissato di un milione di firme. La prossima tappa è il 7 aprile, proclamata dall’OMS Giornata Mondiale per il Diritto alla Salute: sarà quella l'occasione per lanciare la giornata del click in tutta Europa per moltiplicare le firme. “O i brevetti, o la vita! “, mai, come in questo momento, lo slogan della campagna è vitale e di stringente attualità: allo stato attuale solo una persona su 10 potrà vaccinarsi entro il 2021 nei Paesi poveri, due terzi dell'umanità resteranno in balìa del virus e delle sue varianti, che potranno ripresentarsi anche in Europa, e non sappiamo se i vaccini di cui disporremo saranno efficaci anche su queste nuove varianti. “E' indispensabile – ha concluso Agnoletto – batterci per la sospensione dei brevetti e spezzare quello che abbiamo definito un cappio al collo, un nodo scorsoio che rischia di soffocare l'umanità”. Per maggior informazioni sulla campagna e firmare la petizione: www.noprofitonpandemic.eu/it, "Diritto alla Cura, nessun profitto sulla pandemia" Ufficio Stampa - Carmìna Conte - cell. 393 1377616 "Il governo italiano sostenga, presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la proposta di India e Sudafrica di esentare dal brevetto i prodotti utilizzati per combattere la pandemia da Covid-19 e in particolare i vaccini. Togliere i brevetti dai vaccini anti covid-19 Con una mossa storica, il 2 ottobre India e Sudafrica hanno chiesto all'Organizzazione Mondiale del Commercio di permettere a tutti i paesi di scegliere di non concedere né applicare brevetti e altre proprietà intellettuali (IP) relative a farmaci, vaccini, diagnostica e altre tecnologie della COVID-19 per tutta la durata della pandemia, fino al raggiungimento dell'immunità di gregge globale. Questo documento sostiene che la proposta è perfettamente legale; non introdurre tali misure ha innegabili svantaggi; ha precedenti efficaci (specie per la lotta all'AIDS). Al momento bloccano ogni possibilità di rendere i vaccini anti covid-19 un bene comune accessibile a tutta la popolazione mondiale: Unione Europea, Australia, Brasile, Canada, Giappone, Norvegia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti. E' necessaria un'azione forte per convincere tali paesi a recedere da questa assurda opposizione. Firma https://noprofitonpandemic.eu/it Proposta di rinuncia ai TRIPS dell'OMC COVID-19 Miti, realtà e un'opportunità per i governi di proteggere l'accesso agli strumenti medici salvavita in una pandemia TRIPS: Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale Strada, Cavalli, Agnoletto Ecco alcuni collegamenti agli appelli per togliere i brevetti dai vaccini Covid/19 Gino Strada, Emergency ---> peertube.uno/videos/watch/def1bfc2-3f56-4a56-9c03-cb7cd035b3d5 Franco Cavalli, oncologo svizzero di fama mondiale, già presidente dell’Unione Internazionale contro il Cancro, invitato d'onore al comitato italiano per la campagna "Diritto alla cura". ----> https://peertube.uno/videos/watch/fab00380-a324-4371-8050-7c9c7813fd0e Vittorio Agnoletto, cordinatore campagna right2cure - diritto alla cura ---> peertube.uno/videos/watch/33dc5e4f-c167-4a43-8668-5a701be189de La Salute è più importante del Profitto Firma petizione europea eci.ec.europa.eu/015/public/#/screen/home — Salute per tutti Abbiamo tutti diritto alla salute. In una pandemia, la ricerca e le tecnologie dovrebbero essere condivise ampiamente, velocemente, in tutto il mondo. Un’azienda privata non dovrebbe avere il potere di decidere chi ha accesso a cure o vaccini e a quale prezzo. I brevetti forniscono ad una singola azienda il controllo monopolistico sui prodotti farmaceutici essenziali. Questo limita la loro disponibilità e aumenta il loro costo per chi ne ha bisogno. — Trasparenza ora! I dati sui costi di produzione, i contributi pubblici, l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei farmaci dovrebbero essere pubblici. I contratti tra autorità pubbliche e aziende farmaceutiche devono essere resi pubblici. — Denaro pubblico, controllo pubblico I contribuenti hanno pagato per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e trattamenti. Ciò che è stato pagato dal popolo dovrebbe rimanere nelle mani delle persone. Non possiamo permettere alle grandi aziende farmaceutiche di privatizzare tecnologie sanitarie fondamentali che sono state sviluppate con risorse pubbliche. — Nessun profitto sulla pandemia Le grandi aziende farmaceutiche non dovrebbero trarre profitto da questa pandemia a scapito della salute delle persone. Una minaccia collettiva richiede solidarietà, non profitti privati. L’erogazione di fondi pubblici per la ricerca dovrebbe sempre essere accompagnata da garanzie sulla disponibilità e su prezzi controllati ed economici . Non deve essere consentito a Big Pharma di depredare i sistemi di assistenza sociale. Ad oggi si sa che, se tutto andrà secondo quanto previsto, senza ulteriori intoppi, la Pfizer fornirà all’Italia 470.000 dosi alla settimana, a queste dovrebbero aggiungersi le dosi del vaccino prodotto di Moderna che dovrebbe avere a giorni l’ok dall’Ema, l’ente europeo regolatorio sui farmaci. Moderna ha garantito all’Italia circa 1 milione e trecentomila dosi per il primo trimestre, pari a circa 100.000 dosi ogni sette giorni che sommate a quelle della Pfizer renderanno possibile vaccinare circa 300.000 cittadini a settimana considerato che per ogni persona vaccinata va accantonata un’altra dose per il secondo richiamo.
Con questo ritmo al primo di aprile saranno vaccinate circa 4 milioni di persone; una cifra molto distante dai 13 milioni indicati dal ministro della sanità. Il maggior contributo alle vaccinazioni in Italia avrebbe dovuto arrivare da AstraZeneca dalla quale l’Italia ha già acquistato 40 milioni di dosi; ma l’Ema ha comunicato che l’azienda non gli ha ancora consegnato tutta la documentazione necessaria affinché l’organismo europeo possa esprimere un parere. Come sì e saputo qualche settimana fa, AstraZeneca ha dovuto ripetere alcune fasi della propria sperimentazione dopo che era emerso come la miglior efficacia, attorno al 94%, sarebbe stata fornita da una dose differente da quella ipotizzata dalla casa produttrice. Anche ammesso che il vaccino di AstraZeneca riesca ad essere disponibile nel giro di un mese, non pare credibile che l’azienda possa fornire all’Italia entro marzo le dosi per vaccinare 10milioni di cittadini. E non appare nemmeno credibile che tale quantità di dosi possa essere fornita ulteriormente da Pfizer, considerato che non sono state modificate le regole sui brevetti che avrebbero dato la possibilità ad altre aziende pubbliche e private di produrre il vaccino così come avevano chiesto India e Sudafrica; tale proposta è stata bocciata grazie all’opposizione degli Stati Uniti e a dell’Unione Europea che hanno anteposto gli interessi di Big Pharma alla salute dei cittadini. I numeri forniti dal governo, a meno di informazioni riservate e non rese pubbliche, paiono per ora essere molto lontani dalla realtà. A tutto questo si aggiunge il silenzio che è calato sul bando indetto, con enorme ritardo, dal commissario straordinario poco prima di Natale, per il reclutamento di 3000 medici e 12000 infermieri necessari per la campagna vaccinale. In questo quadro le polemiche sull’obbligatorietà e sui patentini che dovrebbero garantire dei benefit alle persone vaccinate appaiono, almeno per ora, decisamente fuori tempo. Vittorio Agnoletto L’interruzione temporanea e massiccia dei suoi servizi è l’occasione di ripensare il nostro rapporto con Big G. Stavolta ci viene in aiuto anche la Commissione Europea con il Digital Services e il Digital Market Act Google conosce di noi anche quello che non ci ricordiamo più: dove siamo stati, con chi, per quanto tempo, e quello che abbiamo fatto. È un mostro tentacolare, una potenza, che ha smesso di funzionare per un’ora intera qualche giorno fa. Poi è accaduto di nuovo, con Gmail, il suo servizio di punta insieme al motore di ricerca tanto famoso da generare un verbo: googlare. Chi non lo usa? Ma l’interruzione dei suoi servizi all’ora di pranzo di lunedì 14 dicembre, ci ha catapultati in una distopia da guerra informatica: gli studenti hanno smesso le lezioni a distanza su Google Classroom, i gruppi di lavoro non hanno potuto redigere e scambiarsi documenti, le aziende non sono riuscite ad accedere a servizi necessari ai loro progetti: Drive, Meet, Docs. Insomma niente posta, niente video, niente documenti, niente di niente. Molte le ipotesi, nessuna certezza, tranne la spiegazione di Google Cloud: un errore di autenticazione che ha causato un sovraccarico di memoria nei suoi server. Per un’azienda sinonimo di Internet, che ha proprie infrastrutture presidiate da ingegneri esperti e ben pagati, si possono fare molte illazioni per questa improvvisa interruzione di servizio (outage, in gergo). Ma non è questo il punto. Google ha riconfigurato la stessa idea che abbiamo del Web e il Googledown ci ha fatto capire quanto siamo dipendenti dal digitale e dall’infrastruttura di questa azienda americana, Alphabet, sotto al cui cappello Google cresce. Google è ovunque, e anche se non usiamo direttamente i suoi servizi, è possibile che ne stiamo usando librerie e procedure (le API), un pezzo di codice, o i suoi server. Proprio per questo è ora di pensare a come degooglizzare la nostra vita. Non è facile né immediato. Come è scritto sul sito di WuMing, il degoogling è un processo, un fare inchiesta, tentare e praticare alternative, non significa sventolare una bacchetta magica. È vero che Google “controlla” la rete. I suoi servizi sono tanti, in gran parte gratuiti e open source: YouTube, Gmail, Google Photos, Google Drive, Google Docs. Il suo sistema operativo è il più diffuso al mondo per i cellulari Android, Google Maps è la nostra cartina geografica e Google Search la nostra memoria. Ma ci sono delle alternative. In termini di qualità della ricerca Duck Duck Go e Qwant funzionano abbastanza bene: l’unica remora è che non profilandoci possono sembrare meno accurati nei risultati. Al contrario significa che rispettano di più la nostra privacy. Google Chrome, il browser, è bello e funzionale, ma è Mozilla Firefox il più veloce che permette di aggiungere centinaia di estensioni utili, di sincronizzarlo, di controllare se la nostra email è stata bucata. E lo fa senza collezionare troppi dati personali. Gmail, gratuita e potente, grazie agli algoritmi di apprendimento automatico è capace di scrivere intere frasi al posto nostro senza che noi le digitiamo per intero: è la funzione di autocompletamento sviluppata a partire dalla lettura umana della nostra posta da parte degli operai di Google. L’alternativa? Protonmail: sicura, facile, veloce. Di Youtube è difficile fare a meno. Ha permesso di passare dalla tv di massa alla massa delle tv: ogni canale è una piccola televisione. Anche qui ci sono delle alternative come Vimeo, Dailymotion, e Vevo, da usare solo dopo averne letto le policy. Ieri la Commissione Europea ha presentato due proposte per favorire la concorrenza e tutelare i consumatori nel mercato digitale: un primo passo per porre dei limiti allo strapotere di Google e dei suoi fratelli. Un primo passo verso il degoogling, forse. Arturo Di Corinto IL MANIFESTO 17.12.2020 |
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