Il pacchetto azionario della nuova società è stato così ripartito: 40%, Moby Lines (Onorato); 30%, Fondo Clessidra; 20%, Gruppo Investimenti Portuali (GIP, Luigi Negri); 10%, Gruppo Izzo (catering).
Il nuovo management, nella persona dell’Amministratore Delegato Ettore Morace, si è impegnato a lavorare per un rilancio della società, assicurando da subito la continuità aziendale e garantendo, anche a fronte di necessari riassetti interni, gli attuali livelli occupazionali anche nelle sedi periferiche, come Genova, con i suoi circa 50 addetti.
Al momento, la società, pur non avendo ancora presentato un piano industriale degno di questo nome, ha già operato una serie di interventi sulla flotta, con la dismissione di alcune unità obsolete e/o inadeguate e la messa in servizio di 2 cruise-ferry e di un traghetto misto con ampia capacità di garage commerciale, tutte prese a noleggio.
Si è, dunque, in attesa di ulteriori e più concreti segnali di impegno per un rilancio dell’azienda, rilancio che, per quel che riguarda Genova, si potrebbe tradurre, per esempio, nell’avvio di nuovi collegamenti, con conseguenti benefici anche in termini di indotto per la città. A tal proposito, va ricordato che, negli ultimi anni, la Tirrenia – anche a causa della “pressione” conseguente alle difficoltà connesse con il processo di privatizzazione – aveva ridotto l’attività dal porto di Genova, con la chiusura della linea con Cagliari (che aveva fatto seguito, dopo diversi anni, al ritiro dai collegamenti con la Sicilia).
Per quanto riguarda i futuri sviluppi della vicenda, stando ad alcune indiscrezioni, sembrerebbe che, recentemente, ci siano state divergenze di vedute tra il socio di maggioranza relativa (Onorato) e gli altri partner (cui farebbe riferimento l’AD Morace), circa i futuri assetti societari. In particolare, Onorato avrebbe cercato di accelerare i tempi per una fusione tra Tirrenia-CIN e Moby Lines, trovando l’opposizione, appunto, degli altri soci.
È evidente che un’operazione del genere rappresenterebbe un serio pericolo per i lavoratori, in particolare per quelli localizzati nelle sedi periferiche, dato che, con le fusioni, è normale che si vengano a determinare esuberi di personale.
Appare, inoltre, quanto meno anomalo che si possa procedere alla fusione (sembrerebbe, per incorporazione) tra Moby Lines ed una società che è titolare, fino al 2020, di una convenzione con lo Stato per l’esercizio dei servizi in continuità territoriale.
A tal proposito, si noti anche che, per quanto riguarda l’occupazione, gli accordi stabiliti in sede di privatizzazione si sono limitati a prevedere la garanzia minima di legge (2 anni), a fronte di una convenzione con lo Stato che, come già accennato, è della durata di 8 anni (e che, tra l’altro, prevede un onere a carico dello Stato pari a 72 milioni di euro all’anno).
È opinione dei lavoratori che ci si sarebbe dovuti impegnare affinché la garanzia dei livelli occupazionali fossa almeno della stessa durata della convenzione.
Sul fronte dei rapporti sindacali e degli aspetti contrattuali, tenuto conto che il contratto collettivo nazionale è scaduto da 2 anni (per cui le retribuzioni sono rimaste ferme al 2010, con evidente perdita di potere d’acquisto), c’è il timore che, anche nel caso della CIN, possa essere assunto un approccio “alla Marchionne”, con la definizione di un nuovo contratto posto al di fuori dello stesso quadro di riferimento della Confitarma (si ricorda che, fino ad oggi, in Tirrenia si è applicato un contratto specifico per l’armamento pubblico di linea), sicuramente peggiorativo per i lavoratori. Chiediamo pertanto che il Governo e gli enti locali si attivino per garantire i livelli occupazionali e favoriscano una politica dei trasporti, incentivando le autostrade del mare.
Antonio Bruno, capogruppo federazione Sinistra Comune Genova
Davide Ghiglione, candidato Rivoluzione civile alla Camera dei Deputati