L’economia in recessione, la società in frantumi, la politica che degenera: la crisi iniziata nel 2008 sembra non finire mai. Ma una via d’uscita c’è. A Genova, in Italia come in Europa possiamo “sbilanciare l’economia”: mettere l’azione pubblica prima del mercato, la sostenibilità e il lavoro prima dei profitti, l’uguaglianza al posto del privilegio
È una crisi tremenda, drammatica.
Noi proponiamo un “cambio di rotta”: basta con il neoliberismo, basta con le politiche di austerity, basta con la subalternità ai mercati finanziari, basta con una politica economica che sta aumentando le sofferenze sociali e accentuando la depressione e la recessione dell’economia reale.
Da una parte bisogna mettere al centro la critica e il superamento del paradigma neoliberista che ci ha portato alla crisi – e che ancora sta dominando l’orizzonte della crisi – e, dall’altra, la costruzione di un’economia diversa fondata sul lavoro, la qualità sociale e i diritti, la sostenibilità ambientale, i saperi. Il neoliberismo e le politiche di austerity hanno fallito, hanno accentuato la crisi e la recessione.
Serve un modello di sviluppo in cui alcune merci, consumi, pratiche economiche siano giustamente riconvertite (il consumo di suolo, la mobilità privata, la siderurgia inquinante) e altre siano invece destinate a crescere:
- la sostenibilità sociale e ambientale; diritti di cittadinanza, del lavoro, del welfare degni di un paese civile (innovazione tecnologica per la diminuzione del consumo d’energia da energie fossili, manutenzione patrimonio edilizio, infrastrutture mobilita’ collettiva, );
- la conoscenza come architrave di un sistema di istruzione e di formazione capace di far crescere il paese con l’innovazione e la qualità.
- redistribuzione della ricchezza del 10% più agiato a favore del 90% della popolazione che soffre il peso della crisi, a partire da un’imposta sui grandi patrimoni.
Il “cambio di rotta” che vogliamo deve ripartire, ancora, dalle persone, dagli anziani e dai disabili che sono abbandonati dallo Stato, dagli operai dell’Ansaldo che rischiano di veder svenduti i propri posti di lavoro, dai cittadini immigrati lasciati affogare nel canale di Sicilia, dai giovani che tornano a emigrare all’estero, dagli studenti che vengono espulsi dalle università, dalle donne discriminate sui posti di lavoro. Dalle persone, da loro si costruisce il cambiamento di cui abbiamo bisogno: ascoltiamo la loro voce, le loro sofferenze, le loro speranze.