Alla vigilia del dibattito in Consiglio Comunale circa l'utilizzo delle cave del Monte Gazzo e della Val Chiaravagna per la realizzazione del cosiddetto "Terzo Valico ferroviario", l'Associazione Amici del Chiaravagna ONLUS ritiene necessario ribadire, oltre alla totale contrarietà verso l'infrastruttura in sè, il pieno dissenso sull'utilizzo delle cave della nostra valle.
Ci preme riaffermare innanzitutto come sia inaccettabile definire recupero ambientale il deposito di smarino nella ex cava "Vecchie Fornaci": l'intervento cancellerebbe il seppur faticoso processo di rinverdimento naturalmente avviato anni fa con l'abbandono dell'estrazione e pregiudicherebbe l'esistenza stessa del Parco Urbano del Monte Gazzo a causa delle nuove funzioni previste dalla variante al PUC nelle aree limitrofe a quelle delle cave.
Sebbene si spacci questa operazione per un "recupero atteso da decenni", la sensazione è che invece si stiano trovando scuse per posticipare la chiusura di cave che dovrebbero invece essere messe in sicurezza ben prima: al di là dei luoghi comuni sul rispetto dei tempi di consegna delle cosiddette "grandi opere" italiane, parliamo di un orizzonte temporale troppo lontano per una valle che da oltre un secolo sopporta la servitù delle cave.
Siamo inoltre estremamente preoccupati per quanto riguarda la gradonatura prospettata per le cave Gneo e Giunchetto: il profilo disegnato appare così ripido da mettere in dubbio il ritorno del verde ma soprattutto la soprattutto la sicurezza idrogeologica.
Come è possibile che non si sia pensato alla creazione di uno strumento minimo di controllo simile all'osservatorio invece istituito per la Gronda? Come garantire in tempo reale il controllo sulla natura dei materiali in transito e sulle acque essendo parte delle aree della zona ricche di fibra d'amianto?
Cosa verrà poi realizzato negli ampi piazzali che resteranno disponibili dopo l'esaurimento delle cave e quali impieghi avrà il deposito di smarino prospettato per la base della discarica di Scarpino?
Richiamiamo quindi il Comune di Genova a mettere in campo atti concreti in materia: innanzitutto va data evidenza di quanto gettito, come da norma di legge, sia stato introitato dal Comune di Genova per le servitù di cava e questa somma deve essere comunque messa subito a disposizione per la mitigazione dei disagi dei residenti nella zona.
Dal punto di vista politico, invece che allargare le braccia, il Comune di Genova dovrebbe fare squadra con gli altri comuni vessati dalla Legge Obiettivo e contestarla nelle opportune sedi in quanto strumento che calpesta la democrazia ed impone scelte lontane e spesso in opposizione con le esigenze dei territori su cui vengono poi imposte.
Un intervento degli amici del Chiaravagna che condivido nei contenuti e sul web.
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