Idrocarburi nell’aria sotto accusa i gas che arrivano dal porto Dossier in procura
GIUSEPPE FILETTO genova.repubblica
SECONDO quanto ipotizzano i militari della Guardia Costiera, i vigili urbani della Sezione Ambiente ed i vigili del fuoco, le esalazioni proverrebbero dai serbatoi di Calata Oli Minerali e di Calata Canzio. Stando ai primi accertamenti, durante il carico e scarico degli idrocarburi nelle cisterne, da queste si sprigionerebbe il gas creatosi dall’evaporazione dei prodotti petroliferi. Tant’è che ieri sarebbe stata depositata una segnalazione alla Procura della Repubblica per le violazione dell’articolo 674 del codice penale.
Denunciati i titolari ed i legali rappresentanti delle aziende che gestiscono i due distinti depositi petrolchimici di Eni e Petrolig. Si tratta di una dozzina di grosse cisterne che ogni anno movimentano qualcosa come 520mila tonnellate di olio combustibile pesante e gasolio, idrocarburi destinati essenzialmente a rifornire le motonavi attraccate in porto. Le quantità prese in considerazione per i siti di Calata Oli Minerali e di Calata Canzio non sarebbero granché, se paragonate ai dodici milioni e mezzo di tonnellate annue che entrano ed escono dal Porto Petroli di Multedo, ma tanto bastano per far sentire i loro effetti e talvolta rendere l’aria irrespirabile.
Secondo quanto spiegano gli ispettori tecnici della Guardia Costiera e dei vigili, man mano che i serbatoi si svuotano, al loro interno si formano i vapori degli idrocarburi. Nel momento in cui vengono riempiti nuovamente di sostanze liquide, i gas vengono espulsi all’esterno, rilasciati nell’aria appunto perché non ci sarebbero sistemi di cattura dei quali invece sono dotati i serbatoi della Iplom e della Snam a Multedo, che lavorano a ciclo chiuso, con la creazione di vuoto al loro interno.
A Calata Oli Minerali e Calata Canzio, ma anche sulle bettoline che riforniscono le navi, se da una parte entrano 20mila metri cubi di combustibile liquido, dall’altra escono altrettanti metri cubi di vapori. Solitamente le esalazioni sarebbero spinte verso terra, lambendo le abitazioni sul fronte del porto. Ma il fenomeno sarebbe maggiormente amplificato ed avvertito in buona parte del centro città e sulle alture nei giorni di vento di mare.
Al momento i vertici delle due società sono chiamati a rispondere delle ipotesi di reato di “emissioni di gas in atmosfera, recanti disturbi a persone”. Già, perché l’indagine sarebbe partita proprio dagli esposti presentati dagli abitanti di via Milano, di via Venezia, di via Gramsci, del Centro Storico e di Carignano. Negli ultimi mesi ne sarebbero arrivati a decine sulle scrivanie dell’assessorato comunale
all’Ambiente, della Capitaneria di Porto e dell’Arpal. Tanto che in passato altre indagini sono state compiute da altri organi di polizia giudiziaria. Negli scorsi giorni le ultime segnalazioni ai centralini dei vigili urbani sono giunte dal Porto Antico. Ieri e domenica addirittura dal Matitone, da via XII Ottobre e dagli uffici di piazza Ortiz, facendo scattare contemporaneamente le indagini anche dei vigili del fuoco che fatto delle prove con l’esplosimetro, ma a quanto pare con risultati scarsi e poco attendibili.
Gli accertamenti sono stati effettuati soprattutto con metodi empirici, con i tradizionali sistemi di investigazione, al momento senza misurazioni tecniche, e stando a quanto fa capire chi li ha svolti, occorreranno più approfondite analisi da parte dei laboratori dell’Arpal per essere certi della natura dei vapori da idrocarburi e della loro provenienza.
Nel passato non tanto recente, infatti, si era pensato che i fetori provenissero dai depuratori fognari. Il 3 aprile del 2009 il caso che si ricorda di più, con un fenomeno molto intenso in tutta la città, soprattutto nelle zone prossime a Calata Oli Minerali e Calata Canzio, ma anche sulle immediate alture. Quel giorno pure le zone comprese tra la Foce, via XX Settembre, De Ferrari, Corso Aurelio Saffi e via Gramsci furono ammorbate da nauseabondi fetori, simili a uova marce. Al punto che il sostituto procuratore Francesco Albini Cardona aprì un fascicolo, ma le ispezioni dei vigili dell’Ambiente nei vari depuratori fognari non ebbero alcun riscontro.