E' dal secolo scorso che, dopo la cancellazione della Mostra Navale Bellica, avevamo chiesto che la Fiera non si rinchiudesse nella monocoltura del Salone Nautico ma si aprisse e si diversificasse per diventare meno fragile.
Invece questo sistema politico finanziario ha preferito dormire sui profitti del Nautico, progettando irrazionali espansioni fino al famigerato Padiglione Blu e implodendo con l'esplosione delle bolle immobiliari e speculative.
In particolare il potere per la costruzione del nuovo padiglione B nel 2005 ha scelto il progetto di Jean Nouvel contro il parere dei vertici e della commissione tecnica interna Fiera che lo giudicavano poco funzionale e troppo costoso.
E che dire dell'ultimo colpo al piano industriale di rilancio della Fiera con l'Autorità Portuale che, d'accordo il Sindaco di Genova, nonostante oltre sei milioni di euro per la Nuova Darsena, non ha mai concesso alla Fiera stessa l’area se non per alcuni brevi periodi (con canoni non paragonabili a quelli applicati ad altri concessionari) e per i soli 45 gg all’anno necessari per il Salone Nautico.
«Ho portato a termine – spiegò la dimissionaria presidente Armella nel luglio scorso - il compito che mi era stato assegnato: riorganizzare l’azienda e le partecipate, con una riduzione sensibile dei costi e dell’esposizione debitoria, mantenere tutte le manifestazioni a calendario, inserendone di nuove, assicurare il proseguimento del Salone Nautico, riportare un equilibrio sostanziale nella gestione e una definizione degli assetti patrimoniali e degli investimenti, ridisegnare l’ambito del quartiere fieristico, lasciando spazio a nuove destinazioni e opportunità di lavoro».
Il nuovo presidente Ariel Dello Strologo assunse l'incarico con qualche speranza di risanamento, ma a fine anno ha dichiarato la situazione insostenibile e oggi si propone la creazione di una nuova società con un numero di dipendenti molto ridotto.
Nel frattempo la collettività (il bilancio del Comune di Genova) si accolla oneri milionari per acquistare immobili dagli oneri manutentivi costosissimi. Il tutto di fornte al silenzio assordante di Regione e Camera di Commercio che hanno un atteggiamento molto prossimo a quello del gatto con i topi.
Ma quello che più fa male è non capire perchè succede tutto questo e chi ci sia dietro, quali gruppi politici finanziari stiano per acquisire le aree e procedere e speculazioni (pardon valorizzazione come si dice nella Seconda Repubblica) immobiliari.
I dipendenti (qualcuno in questa aula li ha definiti privilegiati, forse, ma privilegiati o no dei disoccupati o dei precari rimangono disoccupati e precari) dichiarano:
"Non vogliamo essere dei pesi morti. Abbiamo bisogno di lavorare e vogliamo farlo per lo sviluppo della nostra Città".
Una politica umana e lungimirante, prima ancora che di sinistra non dovrebbe fare le spallucce.